Obesità e bullismo. Non difendiamo i colpevoli, gli innocenti non lo meritano

Obesità e bullismo. Non difendiamo i colpevoli, gli innocenti non lo meritano

Dott.ssa Rossella Bossa, specialista in psicoterapia comportamentale-cognitiva

Le persone con problemi di obesità o sovrappeso sono spesso soggette a pregiudizi, umiliazioni, discriminazioni. E’ questo, più dei chili, il peso in eccesso che sono costrette a sopportare. Abbiamo appreso in questi giorni una notizia che solo a menzionarla fa rabbrividire: un ragazzino napoletano di soli 14 anni seviziato in modo atroce perché “troppo grasso” e ridotto in fin di vita. Fa veramente orrore pensare a ciò che questo ragazzino è stato costretto a sopportare, fisicamente e moralmente, fa paura pensare alle limitazioni e agli incubi che avrà nella sua vita.

E il dolore dei genitori? Troppo grande per poterlo immaginare. Sembra però che non tutti abbiano recepito questa notizia nello stesso modo, per questo è bene fare un po’ di chiarezza… Qui non si tratta di bullismo, scherno o pregiudizio, questo è un crimine gravissimo, e chi lo ha commesso non merita alcuna giustificazione o commiserazione. Almeno da parte nostra, comuni mortali. Tre delinquenti, adulti, pienamente consapevoli, hanno segnato per sempre, nel fisico, nella mente e nell’anima, la vita di un ragazzino indifeso, colpevole solo di essere un po’ cicciottello e timido. Non si può ammettere che non si conosca la differenza tra un “gioco” e una sevizia, tra essere sadici e burloni, non si può ammettere che non si capiscano le conseguenze delle proprie azioni fino a questo punto.

Non deve passare per alcuna ragione il messaggio che queste siano “ragazzate”, perché è un insulto a chi educa i propri figli a valori come il rispetto degli altri, significa prendere in giro chi fa il mestiere più difficile, quello dei genitori, e significa anche, e soprattutto, prendere in giro ancora una volta le vittime di queste violenze. Non si può confondere ignoranza, ritardo mentale, delinquenza e sadismo, è un errore che ci porta nella direzione dell’inciviltà.

Siamo tutti vicini al piccolo V. e alla sua famiglia e ci auguriamo che possano trovare, col tempo, quella resilienza che aiuta a superare un trauma come questo.

"Poter vivere una vita normale... non una vita a metà"

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