Obesità, chirurgia bariatrica e carenza di ferro

Obesità, chirurgia bariatrica e carenza di ferro

Con la consulenza di: Antonio Ragusa, Ospedale Fatebenefratelli, Roma; Fabrizio Oliva, Ospedale Niguarda, Milano; Pietro Manuel Ferraro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma;  Danila Capoccia**, Rome Obesity Center, Roma e Frosinone, Membro del comitato scientifico della SIO Lazio

 

Il 26 novembre di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale della Carenza di Ferro (Iron Deficiency Day), istituita nel 2015: una buona occasione per sensibilizzare sul ruolo vitale del ferro per tutto l’organismo, e sui rischi legati alla sua carenza. Per questo è partita anche la campagna #TakeIronSeriously che si rivolge in particolar modo alle donne in età fertile, alle future mamme e ai bambini sotto i cinque anni, che sono tra i soggetti maggiormente interessati dal problema, a causa di una perdita eccessiva o di un aumentato fabbisogno del ferro per la crescita.
In questo articolo vogliamo approfondire  anche la correlazione tra obesità, chirurgia bariatrica e carenza di ferro più o meno grave.

 

Ruolo e funzioni del ferro

Il ferro è un minerale essenziale per mantenere le funzioni vitali del nostro organismo. Viene incorporato in numerose proteine ed enzimi importanti, per esempio l’emoglobina, il pigmento che conferisce il colore  al sangue e trasporta l’ossigeno a tutte le cellule del corpo.
Due terzi delle riserve totali di ferro sono contenute nell’emoglobina (Hb); la rimanente è immagazzinata nel fegato, nella milza, nel midollo osseo e nei muscoli.
Il ferro assicura un efficace funzionamento di cuore e cervello e rafforza il sistema immunitario, proteggendo da infezioni e malattie.

 

Quali fattori favoriscono o inibiscono l’assorbimento del ferro?

Il fruttosio (zucchero della frutta) e la vitamina C facilitano l’assorbimento del Ferro presente nei vegetali. I tannini, contenuti nel vino e nel tè possono ridurre l’assorbimento del ferro nel tratto intestinale e quindi nel sangue. Un effetto analogo lo svolgono i fitati, presenti nei cereali (soprattutto nella crusca) e negli spinaci e da un apporto eccessivo di calcio. Quindi la leggenda di “Braccio di Ferro” è una leggenda metropolitana perché è vero che gli spinaci sono ricchi di ferro ma in una forma poco assimilabile. Anche alcuni farmaci (per es. gli antiacidi e la tetraciclina(antibiotico) possono contrastare l’assorbimento del ferro.

 

Quanto incide la carenza di ferro?

Nel mondo, almeno una persona su tre soffre di carenza di ferro (carenza marziale), in particolare, donne in età fertile, future mamme e bambini sotto i 5 anni di età.
La carenza marziale, con o senza anemia, colpisce un terzo della popolazione mondiale, eppure resta un problema ampiamente trascurato e sotto diagnosticato, benché sia facilmente identificabile con un esame del sangue.

 

Quali sono i sintomi principali?

Sebbene la carenza di ferro possa colpire chiunque, è più diffusa nelle donne in premenopausa, nelle donne in gravidanza e nei bambini piccoli con meno di cinque anni. Se non trattata, può evolvere nella cosiddetta anemia sideropenica.

Gli effetti della carenza di ferro differiscono da persona a persona, ma possono essere collegati a un declino della salute e del benessere generale.

  • Sia con che senza anemia, la carenza di ferro: può essere debilitante, esacerbare una malattia cronica sottostante e portare a un aumento della morbilità e della mortalità.
  • Sintomi comuni includono: affaticamento, pallore della pelle, mal di testa, fiato corto, vulnerabilità alle infezioni, irritabilità, unghie fragili, desiderio di ingerire prodotti non alimentari come argilla e ghiaccio, scarsa concentrazione.
  • Nei bambini, la carenza di ferro può compromettere significativamente lo sviluppo cognitivo e motorio.

 

Come di fa la diagnosi di carenza di ferro?

La diagnosi di carenza di ferro viene effettuata mediante un semplice esame del sangue che misura:

  • i livelli di emoglobina (il principale componente dei globuli rossi, responsabili del trasporto dell’ossigeno dai polmoni verso tessuti e organi);
  • la ferritina sierica (che misura i depositi di ferro presenti nell’organismo);
  • la percentuale di saturazione della transferrina (che indica quanto del ferro disponibile può essere utilizzato per produrre nuovi globuli rossi).

 

La carenza di ferro si riscontra soprattutto nelle donne

Durante la vita fertile, in 1 donna su 33 il ferro è carente, a causa di mestruazioni molto abbondanti (ipermenorrea) che interessano il 10% delle donne, che ‘in quei giorni’ necessitano di introdurre il doppio del ferro con la dieta; problemi di cattivo assorbimento del ferro o carenze alimentari. Se le perdite non sono adeguatamente compensate, l’organismo va in deficit di ferro(deficit marziale), condizione che può portare all’anemia sideropenica (valori di emoglobina al di sotto di 12 g/dl), con conseguente stanchezza cronica e gli altri sintomi debilitanti che si ripercuotono sul benessere psico-fisico, il desiderio sessuale, la vita lavorativa e sociale.

 

Durante la gravidanza, il fabbisogno di ferro raddoppia

Il periodo della gestazione è particolarmente delicato perché il fabbisogno di ferro raddoppia per la crescita della placenta e per lo sviluppo cerebrale e del sistema immunitario del feto – afferma Antonio Ragusa, Direttore UOC di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Fatebenefratelli di Roma. Si calcola che almeno il 30% delle future mamme inizia la gravidanza senza adeguate scorte di ferro, aumentando il rischio di parto prematuro e di basso peso del bambino alla nascita. Arrivare al termine della gestazione con riserve di ferro depauperate può essere molto pericoloso per la donna, se si considera che l’emorragia ostetrica è la prima causa di mortalità e grave morbosità materna in Italia. La carenza di ferro può perdurare anche nel puerperio, esasperando lo stress emotivo e la sensazione di stanchezza fisica, e predisponendo ad andare incontro a scarsa produzione di latte e depressione post partum. Per tutti questi motivi è fondamentale identificare le donne a rischio e correggere l’anemia prima o all’inizio della gravidanza”.

Nonostante l’importanza del ferro per la salute materna e del nascituro, si stima che il 90% delle future mamme non ne assuma a sufficienza durante la gestazione, trascurando che durante l’ultimo trimestre il feto immagazzina l’80% del ferro di cui avrà bisogno per la crescita nei primi sei mesi di vita. Nei più piccoli, la carenza di ferro può compromettere significativamente lo sviluppo cognitivo e motorio.

 

Obesità e carenza di ferro

“L’obesità e l’insulino-resistenza correlata all’eccesso di peso alterano la regolazione del metabolismo del ferro” sottolinea la d.ssa Danila Capoccia, specialista in Endocrinologia, Roma. “Da una parte, il deficit di ferro e l’anemia si riscontrano spesso in soggetti con obesità patologica (cioè un’obesità di II e III grado calcolata con l’Indice di Massa Corporea, Body Mass Index o BMI).  Questa condizione è stata studiata bene in adolescenti, donne e soggetti con obesità sottoposti a chirurgia bariatrica.
Dall’altra parte, in un terzo dei pazienti con fegato grasso [in termini medici steatosi epatica non alcolica (NAFLD)] o sindrome metabolica  (presenza in un soggetto di un insieme di fattori che predispongono a un maggior rischio di diabete tipo 2, ipertensione, malattie cardiovascolari etc) si riscontrano livelli elevati nel sangue di ferritina (iperferritinemia). La ferritina è una proteina essenziale per lo stoccaggio del ferro nell’organismo. Valori elevati tendono a sequestrare il ferro e a non renderlo disponibile.  Entrambe le situazioni sono deleterie per la salute e per le complicanze dovute all’obesità.  In particolare, la carenza di ferro e l’anemia alterano i processi energetici andando a pesare ulteriormente sulla stanchezza, debolezza e mancanza di energia tipiche della persona con obesità grave”.

“Va tenuto anche conto che talvolta i pazienti con obesità sviluppano una carenza di ferro legata ad uno stato di malnutrizione. Infatti, spesso, seguono regimi alimentari che li portano a consumare di più alimenti a base di carboidrati e poveri di proteine ‘nobili’ che hanno un buon contenuto di ferro.”

 

“Da sottolineare anche che l’obesità è correlata a uno stato di infiammazione cronica di tutti i tessuti” continua la d.ssa Capoccia “che è strettamente legata al deficit di ferro conseguente a un minor assorbimento del ferro nel duodeno (primo tratto dell’intestino). Recenti evidenze suggeriscono che l’infiammazione correlata all’obesità giochi un ruolo centrale grazie alla sua regolazione dell’epcidina.
L’epcidina è un ormone peptidico prodotto dal fegato. Scoperto nel 2000, rappresenta il principale regolatore dell’omeostasi del ferro. I livelli di epcidina sono molto più elevati (fino a 100 volte) nei soggetti con obesità e sono correlati all’infiammazione e a una riduzione dell’assorbimento intestinale e nel sangue del ferro. Nei soggetti con obesità, inoltre l’elevata produzione di citochine pro-infiammatorie stimola la sintesi di epcidina che causa un “sequestro” del ferro ritenuto sotto forma di ferritina.

La carenza di ferro rappresenta un problema in particolare durante l’adolescenza e la gravidanza quando le richieste del minerale sono maggiori e in caso di obesità patologica. Il deficit marziale è correlato principalmente all’infiammazione del tessuto adiposo. Il trattamento della carenza di ferro con l’integrazione orale è spesso insufficiente e la sostituzione parenterale può essere necessaria, in particolare nei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica.

 

La carenza di ferro dopo chirurgia bariatrica

Il deficit marziale con conseguente anemia sideropenica è molto frequente dopo un intervento di chirurgia bariatrica, soprattutto dopo bypass gastrico e nelle donne in età fertile con mestruazioni molto abbondanti (menorragia). Tale carenza è legata a un ridotto introito alimentare di ferro eme (il ferro legato all’emoglobina o alla mioglobina, l’unico che può legare l’ossigeno), all’esclusione con l’intervento del duodeno e alla ridotta acidità gastrica che impedisce la conversione del ferro “ferroso” in ferro “ferrico”, la forma che viene assorbita più facilmente. Il ridotto consumo di cibi ricchi di ferro come carne, legumi e verdure può contribuire allo stato carenziale.

Inoltre, nei soggetti sottoposti a chirurgia bariatrica, il deficit di ferro può dipendere dall’interazione inibitoria con altri nutrienti, come avviene ad esempio tra calcio e ferro. Molti studi, infatti, hanno documentato che l’assorbimento del ferro è limitato del 50-60% se viene consumato insieme a prodotti caseari (latte, formaggi) o ad integratori di calcio (calcio carbonato, calcio citrato, calcio fosfato). Dopo l’intervento, i livelli di ferro nel sangue vanno monitorati in tutti i soggetti operati. In questi casi, le Linee Guida vigenti raccomandano una supplementazione pari a 65 g per 2 volte al giorno in associazione con la Vitamina C (che favorisce l’assorbimento del ferro).  Non sempre questa integrazione è sufficiente per evitare lo sviluppo di un’anemia. In questi casi, va instaurata una terapia marziale per via endovenosa.

Nei pazienti che hanno fatto una diversione biliopancreatica, che prevede l’esclusione sia del duodeno che del digiuno (le aree intestinali di maggiore assorbimento del ferro),  il deficit di ferro provoca un’anemia microcitica (anomala riduzione del volume corpuscolare medio dei globuli rossi) nel 5% dei pazienti operati,  nonostante l’assunzione di ferro per via orale. Nei soggetti più a rischio come donne in età fertile, soggetti con ulcere sanguinanti o emorroidi con perdite di sangue può essere necessaria una terapia marziale per via endovenosa. In questi casi, l’anemia da carenza di ferro si associa spesso ad altre carenze di nutrienti (soprattutto di proteine, folati, vitamina B12).

 

Carenza di ferro in soggetti con scompenso cardiaco…

“Fino al 50% dei soggetti affetti da scompenso cardiaco è interessato da carenza di ferro, con o senza anemia, condizione che interferisce con la produzione di energia muscolare, peggiorando la performance dei pazienti e la loro qualità di vita. Per questo motivo, una corretta diagnosi e una gestione appropriata della carenza di ferro sono fondamentali – spiega Fabrizio Oliva, Direttore Cardiologia 1, Cardio Center De Gasperis, Ospedale Niguarda, Milano. “Studi scientifici hanno infatti evidenziato come correggendo il deficit marziale sia possibile migliorare il metabolismo energetico e la capacità funzionale del paziente, contribuendo a ridurre in maniera significativa le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco”.

 

… e in pazienti con malattia renale cronica o nefropatia diabetica

“Il deficit marziale interessa fino al 50% dei pazienti con malattia renale cronica (stadio 2-5) e all’incirca il 70% dei pazienti che iniziano la dialisi. Può aggravarne la condizione di anemia – rendendo meno efficace il trattamento con eritropoietina – o addirittura precederla – spiega Pietro Manuel Ferraro, Professore Associato in Nefrologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Poiché l’anemia e la carenza di ferro impattano in modo significativo sulla qualità di vita e sulla sopravvivenza delle persone con nefropatia, è importante che tali condizioni vengano adeguatamente riconosciute e trattate. In particolare, nelle persone con nefropatia va valutato in modo completo l’assetto marziale, che dovrebbe essere interpretato da un medico specialista in considerazione della peculiarità di questa condizione, e laddove indicato instaurata un’adeguata supplementazione di ferro”.

 

La campagna #TakeIronSeriously

La campagna #TakeIronSeriously  intende sensibilizzare la popolazione sull’importanza di riconoscere tempestivamente i sintomi della carenza di ferro e rivolgersi al proprio medico di fiducia, il primo passo per una diagnosi corretta e l’impostazione di una cura appropriata per non mettere a rischio la propria salute o aggravare il decorso di malattie croniche sottostanti. Per maggiori informazioni sulla campagna e le iniziative, si può accedere al sito dedicato: www.takeironseriously.com/it

 

 

 

 

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** La Dott.ssa Danila Capoccia è Medico-Chirurgo Specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo ed ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Medicina Molecolare presso Università “La Sapienza” di Roma. Si occupa da oltre 10 anni delle patologie metaboliche, in particolare dell’obesità e delle patologie ad essa associate. Ha svolto attività di ricerca clinica, presso l’Università di Roma “La Sapienza”, con conferimento di Assegni di Ricerca su: obesitàinsulino-resistenza e modificazioni fisiopatologiche indotte dalla chirurgia bariatrica, come testimoniato dagli oltre 40 studi scientifici pubblicati su riviste nazionali e internazionali.
La Dott.ssa Capoccia ha esperienza nell’ambito della gestione clinica di pazienti affetti da sovrappeso, obesità, diabete, sindrome metabolica, patologie endocrinologiche, preparazione dei pazienti ad interventi di chirurgia bariatrica e metabolica e follow up post intervento.
È Membro della Sezione Giovani della Società Italiana Obesità (SIO) e socio della Società Italiana di Diabetologia (SID) e ha partecipato come relatore a numerosi congressi nazionali e internazionali sul tema dell’obesità e del diabete. Dal 2013 è medico Endocrinologo del Rome Obesity Center della sede di Roma e dal 2018 della sede di Frosinone.

 

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