È stata stilata nella capitale danese – dove si è appena concluso il Summit Europeo sul diabete – la Copenhagen Roadmap sul diabete, (Raccomandazioni e proposte europee contro il diabete di tipo 2). Contiene le linee principali delle proposte e delle raccomandazioni scaturite dall’European Diabetes Leadership Forum (EDIF), l’incontro organizzato a Copenhagen dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e dall’Associazione Danese per il Diabete (ADD), con il Patronato della Presidenza Danese del Consiglio dell’Unione Europea e il contributo non condizionato dell’azienda farmaceutica Novo Nordisk; il documento definitivo sarà pubblicato nei primi giorni del prossimo mese di giugno.
“Agire oggi per cambiare il domani”, questa la sintesi delle raccomandazioni del Forum; troppo elevati i numeri del diabete e troppo rapida la sua diffusione, come emerge dai dati dell’IDF (International Diabetes Federation): 42 milioni le persone in Europa in stato di pre-diabete, cioè con ridotta tolleranza al glucosio, 35 milioni quelle con diabete, il 5,8% della popolazione, e 15 milioni di bambini in sovrappeso od obesi, uno su cinque.
In Italia le persone con diabete superano i tre milioni. Il diabetologo Marco Comaschi, membro della Commissione Ministeriale per il Piano Nazionale Diabete, sottolinea: «Prevenzione, diagnosi precoce e miglioramento delle cure e dell’assistenza, sono i tre capisaldi sui quali si basa la strategia individuata dai partecipanti a questo importante summit continentale – medici, rappresentanti delle associazioni, pazienti, politici, istituzioni europee e dei paesi membri dell’Unione Europea – per affrontare la sfida che il diabete pone all’Europa.
Il diabete di tipo 2 è ampiamente prevedibile agendo sui fattori di rischio che, soprattutto per le nuove generazioni, sono l’alimentazione sbagliata e la pigrizia, la scarsa attività fisica. Oltre alla prevenzione, la diagnosi tempestiva e l’intervento rapido con le cure più adeguate evitano l’insorgere di gravi complicazioni collegate al diabete, innanzitutto quelle cardiovascolari.
La Copenhagen Roadmap sollecita un chiaro orientamento delle cure primarie verso una medicina di iniziativa, che permetta, attraverso lo screening delle categorie a rischio, l’identificazione precoce delle persone con diabete. Un importante fattore di rischio che presuppone un’evoluzione verso la malattia è la ridotta tolleranza al glucosio, una sorta di stato di pre-diabete che fortunatamente è ancora reversibile da cui è possibile tornare indietro modificando il proprio stile di vita». Sul problema delle persone in stato di pre-diabete, torna il capo analista dell’Italian Barometer Diabetes Observatory e responsabile del Dipartimento di Farmacologia Clinica ed Epidemiologica del Consorzio Mario Negri Sud, Antonio Nicolucci: «Uno dei dati più preoccupanti è il numero di persone che si trovano in condizione di IGT (Impaired Glucose Tolerance, ridotta tolleranza al glucosio). Sempre secondo i dati dell’International Diabetes Federation, 42 milioni di persone, la popolazione di uno stato come la Polonia, soffrono di IGT e questo numero cresce di circa 350mila unità all’anno. Inoltre, l’Europa invecchia: nel 2002 i maschi europei avevano un’aspettativa di vita di 80,9 anni e le donne di 84,5; nel 2008 questi valori sono saliti rispettivamente a 82,2 e 85,7 e crescono costantemente. Ciò significa che il diabete peserà sempre di più sui sistemi sanitari. Un altro dato preoccupante riguarda i più giovani: per l’International Association for the Study of Obesity (IASO) un bambino europeo su cinque è sovrappeso od obeso e ogni anno se ne riscontrano 400mila casi in più. È dimostrato come l’obesità infantile possa portare al diabete di tipo 2; per esempio, nei giorni scorsi la più autorevole rivista medica, il New England Journal of Medicine, riporta che negli Stati Uniti i nuovi casi di diabete di tipo 2 tra i bambini sono 3.600 ogni anno e sono molto più difficili da curare rispetto all’adulto». Il presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato e dell’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione, Antonio Tomassini, osserva: «La promozione di comportamenti responsabili e la creazione di un ambiente che possa favorire lo stile di vita sano sono un obbligo sempre più stringente per un paese che voglia garantire ai propri cittadini un futuro sano e sostenibile. A Copenhagen si è discusso dell’incremento, nelle aree urbane, delle piste ciclabili e delle infrastrutture che permettano ai cittadini di fare esercizio fisico; si è dibattuto molto circa l’importanza di adottare nelle scuole progetti di educazione alimentare, ma anche di specifici programmi dedicati alle comunità straniere, che in molti paesi come il nostro non solo stanno crescendo, ma modificando le proprie abitudini di vita, nel senso deteriore del termine». «Le persone con diabete meglio controllate vivono meglio e consumano meno risorse del sistema sanitario», questa conclusione di Nicolucci è condivisa da Emanuela Baio, membro della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato e presidente del Comitato Nazionale per i Diritti della Persona con Diabete: «Lo sviluppo di un sistema che veda la persona con diabete al centro, e che provveda a creare un modello di cura che integri e metta in rete le diverse figure del medico specialista e di famiglia, che indentifichi indicatori di processo e di risultato e che misuri e valuti le performance e la qualità dell’assistenza prestata, è stato fortemente sollecitato e rappresenta una forte raccomandazione della Copenhagen Roadmap. Devo confessare che sentire descrivere come aspirazione europea un modello che in Italia è già largamente applicato, mi ha fatto abbastanza piacere». Federico Serra, Government Affairs & External Relation Manager della Novo Nordisk, osserva: «Novo Nordisk sostiene da molti anni, sotto il nome di Changing Diabetes®, il programma che si propone di facilitare l’unione delle forze sociali, politiche e scientifiche per combattere la pandemia diabetica. Favorire iniziative come la Copenhagen Roadmap è un perfetto esempio di come la collaborazione fra pubblico e privato possa costituire uno strumento importante anche nel campo della salute pubblica».
Secondo i dati Istat, nel 2009 la percentuale di persone malate di diabete (prevalenza) in Italia era del 4,9% (dal 3,7% del 2000) ma sale al 19,8% nella fascia d’età oltre i 75 anni, cui va aggiunto quasi un milione di soggetti malati senza saperlo; nel Sud d’Italia la prevalenza in alcune regioni ha superato il 6%. L’Idf aveva previsto per il 2025 un aumento di 333 milioni del numero di diabetici nel mondo e di 3,2 milioni dei malati in Italia, ma queste cifre sono già state raggiunte 15 anni prima; in futuro il maggiore aumento di casi di diabete si registrerà nei paesi in via di sviluppo dove nel 2025 risiederà il 75% delle persone con diabete. Anche il sovrappeso e l’obesità sono in crescita: in Italia nel 2005 il 34,2% delle persone oltre i 18 anni di età era sovrappeso e il 9,8% era obeso, con un incremento negli ultimi cinque anni del 9% circa. Dei bambini di 8-9 anni il 23,6% è sovrappeso e il 12,3% è obeso, con un’incidenza più alta al Sud e soprattutto in Campania dove quasi il 50% ha problemi di eccesso ponderale (dati del progetto OKkio alla Salute). In futuro il diabete diventerà una delle grandi emergenze sanitarie del pianeta e se non saranno adottate le iniziative per prevenirlo e per prevenire l’obesità, potrebbero presto diventare insufficienti le disponibilità economiche per garantire le cure adeguate e questo potrebbe portare alla conseguenza di un declino delle aspettative di vita della popolazione, per la prima volta da oltre un secolo.
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Raccomandazioni e proposte europee contro il diabete di tipo 2
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