La forza dell’empatia

La forza dell'empatia

A cura del Prof. Ferdinando Pellegrino**, psicoterapeuta di Salerno che da anni si occupa di stress e di burnout professionale e non. Il prof. Pellegrino è anche uno dei consulenti del pool di psicoterapeuti del servizio di consulenza.diabete.com

 

L’empatia (dal greco pathos: “quello che uno prova”, mettersi nei panni dell’altro), ovvero la consapevolezza delle emozioni, delle esigenze e degli interessi altrui, ci consente di riconoscere i sentimenti degli altri, di condividerli ed è direttamente proporzionata all’autoconsapevolezza: quanto più si è aperti verso le proprie emozioni, tanto più si è abili nel riconoscere e capire gli stati emotivi degli altri. La capacità di percepire i sentimenti altrui costituisce un notevole vantaggio per la sopravvivenza individuale e di gruppo. Ma le radici dell’empatia non sono così innate come ci piace pensare. Va coltivata ed esercitata per differenziarla da sentimenti di compassione, invidia, schadenfreude (sottile piacere nel vedere le disgrazie altrui) e sadismo.

 

Le persone empatiche sono attente ai vissuti emotivi degli altri, sanno ascoltare, mostrano sensibilità e comprendono le prospettive altrui, riescono ad essere di aiuto agli altri basandosi sulla comprensione delle loro esigenze e dei loro sentimenti. Mostrano un interesse attivo verso le preoccupazioni degli altri, sono propense a promuovere lo sviluppo dei propri familiari, amici e collaboratori; riescono a mettere in risalto e potenziare le loro abilità; sanno riconoscere il valore della diversità e sostenere le differenze qualitative individuali.

 

Empatia e simpatia non sono la stessa cosa

L’empatia è una componente necessaria per una coesistenza armoniosa, perché favorisce i comportamenti prosociali – tendenza al contatto con gli altri, ricerca di comunicazione e di scambio, capacità di proporre il proprio aiuto: tutti comportamenti che favoriscono interazioni positive con gli altri. L’empatia è anche la base sulla quale si sviluppano si sviluppano le emozioni morali, come il senso di colpa o il rimorso. L’empatia e la simpatia riguardano stati affettivi e motivazionali differenti e mettono in gioco circuiti nervosi in parte indipendenti. Si può provare simpatia senza sentire empatia; allo stesso modo l’empatia non genera automaticamente simpatia, né comportamenti altruistici.

 

Essere sensibili al dolore degli altri

Secondo molti studi scientifici, la nostra capacità di sentire il dolore degli altri potrebbe funzionare come uno stimolo che ci spinge a evitare le azioni legate a quel disagio, una sorta di messa in guardia che ci aiuta ad apprendere in che modo evitare le azioni associate a quel disagio e affina la nostra capacità di inibire i comportamenti aggressivi.

Provare empatia per qualcuno che soffre non è solo questione di sensibilità: è la capacità di immaginare il dolore altrui lavorando anche di fantasia e attingendo alle proprie esperienze personali e al proprio vissuto.

L’empatia non va confusa con il contagio emotivo, a causa del quale veniamo sopraffatti dalla sofferenza altrui ma senza capirla. Proviamo a fare un esempio per comprenderlo meglio. Proviamo a immaginare che una mamma si rechi in ambulatorio con la sua bambina di pochi mesi e il figlio di cinque anni. La neonata viene vaccinata e piange. L’infermiere è concentrata sul suo lavoro e non si lascia condizionare dal disagio della piccola. Il fratello maggiore piange nel vedere la scena sentendo la tensione nell’aria, immaginando l’ago che buca il suo braccio e quasi sente il dolore, è in pieno contagio emotivo! La madre, invece mostra una grande empatia: senza piangere, vuole consolare la sua bambina della quale può immaginare lo stress del momento. Essere davvero in empatia con l’altro vuol dire riuscire a condividerne la sofferenza senza risentirne fisicamente.

 

Empatia e leadership di se stessi

L’empatia è un elemento di base nello sviluppo delle abilità sociali che, in ragione del carattere interdipendente delle relazioni umane, costituiscono un presupposto essenziale per lo sviluppo della leadership.
Una persona con una buona leadership di se stessa riesce ad avere buoni rapporti con gli altri, sa utilizzare al meglio la persuasione, riesce ad essere chiara e convincente, è capace di ispirare, guidare ed influenzare persone e/o gruppi. Utilizza gli strumenti della “negoziazione” per risolvere i conflitti e le situazioni di disaccordo, favorisce le relazioni positive e utili, riesce ad amalgamare intorno a sé gli interessi di molte persone al fine di perseguire obiettivi comuni.

La qualità delle relazioni con gli altri rappresenta un importante parametro nella valutazione della capacità di leadership ed è il presupposto per la definizione di strategie operative mirate allo sviluppo di una personalità matura.

 

Conoscere le proprie risorse per appianare le tensioni con gli altri

Molte incomprensioni, tensioni e frustrazioni nascono da un insano rapporto con gli altri: conflittualità sul lavoro, in famiglia e nella società appaiono problematiche di grande attualità, considerando l’impatto che determinano sul piano personale. Molte delle risorse personali sono destinate ad appianare contrasti, a risolvere problemi interpersonali, a capire come farsi strada nella vita attraverso i meccanismi della competizione, a giudicare la condotta degli altri e a reagire di conseguenza, e spesso queste situazioni sono vissute con il timore che in ogni momento ci sia qualcuno pronto a sottrarci qualcosa.

Questo modo di percepire le cose (denominato “sindrome dell’uovo forato”) favorisce l’appiattimento degli interessi, contrasta con le caratteristiche principali della leadership, ha come unica finalità quella di riempire in continuazione un recipiente vuoto e privo di contenuti, un uovo che non si riempirà mai perché forato.
Al contrario, una persona che non presenta vuoti da compensare ha tutto da guadagnare nel rapportarsi con gli altri.

 

 

 

References

– Claus Lamm, Markus Rütgen, Isabella C Wagner –  Imaging Empathy and Prosocial EmotionsNeurosci Lett, 693, 49-53 2019 Feb 6

– Cecilia Heyes – Empathy Is Not in Our GenesNeurosci Biobehav Rev, 95, 499-507 Dec 2018

– Weisz E, Zaki J – Motivated empathy: a social neuroscience perspectiveCurr Opin Psychol. 2018 Dec;24:67-71

– Ferdinando Pellegrino – Essere o non essere leader. Positive Press, Verona, 2012 – www.ferdinandopellegrino.com

– Jean Decety, Stephanie Echols and Joshua Correll – The Blame Game: The Effect of Responsibility and Social Stigma on Empathy for PainJournal of Cognitive Neuroscience, Volume 22, Issue 5, May 2010, p.985-997

– Frederique de Vignemont, Tania Singer – The Empathic Brain: How, When and Why? Trends Cogn Sci, 10 (10), 435-41 Oct 2006

 

 

 

 

 

** Il prof. Ferdinando Pellegrino, salernitano di nascita, è psicoterapeuta, psichiatra, dirigente medico del Dipartimento Salute Mentale ASL Salerno;  insegna presso alcune Scuole di Psicoterapia e Università, tra cui l’Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Sistemico-Relazionale), l’Istituto G. Benedetti di Perugia (Scuola di Specializzazione in psicoterapia psicoanalitica-esistenziale), l’ASPIC, Roma (Scuola di Specializzazione in psicoterapia); già docente al Master di Psichiatria Occupazionale, Università Cattolica Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Roma e al Master di Psicologia Clinica Sanitaria dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano  (modulo di Risk Management e gestione delle risorse umane nell’Azienda Sanitaria).
Membro del Comitato Scientifico delle attività formative di Educazione Continua in Medicina di Springer Healthcare (Milano), di Momento Medico (Salerno) e Mediserve (Napoli).
Giornalista scientifico, vincitore dell’edizione 2000 del premio Nuova Luna per la stampa medica.

Svolge l’attività professionale prevalentemente presso lo Studio Pellegrino, in Castel San Giorgio (SA).
Responsabile scientifico e docente ad oltre 400 eventi formativi e corsi di aggiornamento rivolti a diverse categorie professionali (Medici, infermieri, Psicologi, insegnanti,  Polizia Penitenziaria, Guardia di Finanza, Dirigenti di Aziende Pubbliche e Private).
E’ autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e di oltre 30 libri.
Si occupa principalmente di stress, ansia, attacchi di panico, depressione, di disturbi ossessivi, dell’alimentazione e della sessualità, di medicina psicosomatica; segue con particolare attenzione le problematiche dello stress lavoro-correlate, offrendo consulenza – ed eventuale assistenza medico-legale – ad Aziende e a singoli operatori.
Negli ultimi anni sta realizzando percorsi formativi, fondati sul modello del fitness cognitivo-emotivo, incisivi per la prevenzione del disagio psichico e per l’accrescimento della propria autostima ed autoefficacia.

 

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