Obesità e COVID-19: il senso di colpa non è una strategia

Obesità e COVID-19: il senso di colpa non è una strategia

Con la consulenza della d.ssa Emanuela Paone**, Psicologa e Psicoterapeuta, “Sapienza” Università di Roma, ICOT  Polo Pontino (LT)

 

 

Il 27 luglio 2020, il governo del Regno Unito ha emanato la nuova strategia nazionale per combattere l’obesità. A lettere cubitali, il titolo del comunicato stampa ufficiale esorta le persone a “Perdere peso per sconfiggere il COVID-19 e proteggere il Sistema Sanitario Nazionale (NHS)”. Molti i dubbi sull’efficacia di tale campagna che punta esclusivamente sul “senso di colpa” dei cittadini.

 

Nei primi 4 mesi della pandemia, in Inghilterra si è assistito al più alto picco di morti in Europa.

Secondo un’analisi del New York Times, tra il 14 marzo e il 17 luglio 2020, il Regno Unito ha contato un aumento di 62.600 morti rispetto allo stesso periodo del 2019, con un aumento del 31%.

L’obesità, insieme ad altre condizioni croniche come il diabete, rappresenta un fattore di rischio ormai ampiamente riconosciuto per gravi esiti clinici di COVID-19. La nuova strategia per combattere l’obesità, pubblicata in parallelo alla campagna sociale “Better Health” (“Salute Migliore”), guidata dal Public Health England intende limitare la pubblicità e le promozioni di cibi malsani, migliorare l’etichettatura di alimenti e bevande in ristoranti e negozi e allargare le risorse per il controllo del peso.

Fin qui tutto bene. L’ambizione per una nazione più sana, durante e oltre la pandemia da COVID-19, è sicuramente lodevole. Di fatto perseguire la dissuasione al consumo di cibo non salutare, contribuisce all’ottimizzazione delle strategie e delle sinergie attuabili, sensibilizzando alla responsabilità individuale dei comportamenti lesivi per la propria ed altrui salute e mirando a un richiamo dei sistemi governativi alla corretta gestione dello stato di salute delle singole nazioni.

 

Tuttavia, in un momento in cui le economie sono fragili e vi è molta incertezza e scarsa possibilità di programmazione sociale, i divieti sulle promozioni alimentari potrebbero sfociare in un ingiustificato aumento dei prezzi e in una crescente disuguaglianza dell’offerta; sono proprio questi i fattori che contribuiscono all’incremento dell’obesità e delle cattive condizioni di salute  nella maggior parte della popolazione generale.

A queste misure dovrebbero associarsi politiche più articolate, ovvero bisognerebbe pensare a migliorare l’ecosistema alimentare correggendo in modo serio e determinato l’asse economico per il quale il cibo sano è molto più costoso di quello pesantemente trasformato, il che si collega strettamente con il problema della povertà e della malnutrizione per eccesso o per difetto.

 

In tal senso è davvero preoccupante notare come le nuove politiche non tengano conto della complessità dei fattori biologici, sociali e psicologici che sono alla base dell’obesità e prendano di mira solo una piccola parte dell’ambiente obesogenico caratteristico e proprio della società moderna.

Ciò viene ulteriormente sottolineato attraverso l’esortazione per la quale è necessario perdere peso per “ridurre la pressione su medici e infermieri del Servizio Sanitario e liberare il loro tempo per curare altri malati e pazienti vulnerabili ”, riportato nel documento ufficiale inglese, è anche uno degli esempi più eclatanti di strategie di promozione della salute che puntano, “lavorando” sul senso di colpa e sulla vergogna dei cittadini.

 

La storia passata della Sanità Pubblica – e non solo in Inghilterra –  ha in più occasioni dimostrato che tali campagne di prevenzione e di intervento sull’obesità e le sue conseguenze: dall’educazione sanitaria alla promozione della salute alimentare, alla regolamentazione dei comportamenti delle istituzioni pubbliche e private (scuole, industrie alimentari, luoghi di lavoro, macchinette distributrici di alimenti e bevande, ecc.) si sono sempre rilevate nel tempo come strumenti temporaneamente adeguati, ma non efficaci nel lungo termine e in molti casi controproducenti.

 

La nuova cultura sul COVID-19 si è trasformata in una cultura della colpa per le persone con obesità. In Inghilterra, i tassi di obesità sono preoccupanti, è vero, ma non sono certo il principale colpevole dell’alto numero di vittime del COVID-19 della Nazione.

E di gran lunga superato pensare che il compito di sensibilizzare e trovare strategie di cura e prevenzione  a questa grande pandemia chiamata “Obesità” sia di pertinenza esclusiva delle figure curanti in campo socio-sanitario;  Medici di medicina generale, specialisti della nutrizione e delle malattie metaboliche, dietisti e psicologi, rappresentano solamente la truppa di assalto alle conseguenze, spesso patologiche, che essa comporta.

 

Non bisogna dimenticare che le persone con obesità sono prima di tutto persone con una malattia grave e recidivante, in grado di renderle fragili e molto delicate a livello fisico, psicologico e sociale.

 

Risultati apprezzabili si potrebbero ottenere combinando diversi interventi in un’unica strategia di prevenzione con approccio multisettoriale e multidisciplinare, che includa la collaborazione di varie istituzioni: ambiente, politiche fiscali, industria, autorità locali, servizi sanitari, politiche sociali, associazioni di pazienti, ect.

Ciò consentirebbe di attuare un protocollo di intesa volto alla cura e riabilitazione, in grado di coprire le diverse fasce d’età e soprattutto i gruppi di popolazione più  a rischio, fornendo una soluzione efficace a costi sostenibili, in grado di garantire una costante campagna di promozione della salute e il contenimento del fenomeno Obesità.

 

 

 

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References

– Obesity and COVID-19: Blame isn’t a strategy. The Lancet Diabetes & Endocrinology, Editorial. Published Online August 7, 2020

– Tackling obesity: empowering adults and children to live healthier lives.Policy paper Published 27 July 2020

– Press release: New obesity strategy unveiled as country urged to lose weight to beat coronavirus (COVID-19) and protect the NHS

– U.K. Has Europe’s Worst Surge in Deaths During Pandemic, Study Says

– Coronavirus (COVID-19) – Get the latest advice about coronavirus

 

 

 

Dr.ssa Emanuela Paone** La Dr.ssa Emanuela Paone è Psicologo Clinico e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, specialista in Disturbi del Comportamento Alimentare, Sovrappeso e Obesità e malattie associate.
È responsabile dell’ area psicologica e psicoterapeutica del team multidisciplinare per il trattamento dell’obesità del Rome Obesity Center, presso il Poliambulatorio S. Anna di Pomezia (RM).
In tale ambulatorio vengono accolte persone che chiedono aiuto per i problemi del peso, ma anche per essere supportate in un valido percorso di cura in assetto multidisciplinare. Effettua incontri psicologico-clinici individuali e di gruppo, con adulti e adolescenti; vengono effettuate valutazioni psicodiagnostiche pre-bariatriche e di inquadramento per il futuro ipotetico trattamento. Viene garantito il lavoro psicologico e psicoterapeutico durante tutte le fasi del percorso di cura, anche per quanti si sono già operati ma necessitano di una rivalutazione del loro andamento, da tempo abbandonato, e/o di un sostegno psicologico. Il lavoro prevede anche un approccio mirato ai Disturbi del Comportamento Alimentare, Ansia e Depressione, sia a livello psicologico clinico che psicoterapeutico.
La d.ssa Paone è psicologa psicoterapeuta referente dell’ambulatorio Psicologico Clinico presso la UOC di Chirurgia Generale Bariatric Center of Exellence for Obesity and Metabolic Surgery IFSO UE – “Sapienza” Università di Roma – Polo Pontino, ICOT (LT) Resp. Prof. G. Silecchia.
E’ Docente a contratto, presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e Università di Roma “Campus Biomedico” nel Master II livello in: “Psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare”.
Partecipa attivamente a progetti, congressi e iniziative di ricerca scientifica; è autrice e co-autrice di numerosi lavori scientifici.

 

 

 

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