Anagrafica del progetto O.N.I.C.E

Prevalenza femminile, propensione al racconto?

Il campione raccolto è composto principalmente da donne, che costituiscono il 92% della popolazione (137 storie su 149 raccolte). Questa prevalenza, non confermata dai dati epidemiologici di diffusione dell’obesità, può essere dovuta al fatto che le donne sono più propense a raccontarsi e a rimettersi in discussione attraverso uno strumento qual è una favola.
Altra possibile ipotesi potrebbe essere che le donne avvertono più profondamente l’obesità come un problema, cosa che le rende più pronte a cercare delle soluzioni.

 

Distribuzione dell’età

La fascia d’età più rappresentata è quella tra 30 e 39 anni (61 storie, 41% del campione). Questa distribuzione può essere dovuta a una maggiore consapevolezza della situazione: i trent’anni sono un momento di cambiamento, in cui viene fatto il primo bilancio della vita, si lascia indietro in parte l’ingenuità della prima giovinezza e si comincia a guardare al futuro con occhi diversi. Ci si rende conto che è arrivato il tempo di prendere in mano la propria vita e modificare quello che non funziona o che non piace, anche perché si avverte una sorta di fretta, di “tempo che scorre” che induce all’azione, ma anche e soprattutto alla riflessione su quanto è stato fatto fino a quel momento.
Tanto più si avanza con l’età, tanto minore è la voglia di mettersi in discussione, di capire quali scelte o quali casualità hanno portato alla situazione attuale. Non si vuole guardare indietro per constatare i fallimenti… e infatti le 22 persone di più di 50 anni che scrivono sono quelle che hanno ottenuto un calo ponderale (in 19 casi) o che stanno aspettando l’intervento chirurgico (2 casi).
In un solo caso si avvertono la sconfitta e la rassegnazione trapelare dalle parole della protagonista, che si vede “non più giovane” (ha 62 anni e queste sono le sue parole: “Penso che a questo punto sia meglio che mi rassegni non essendo più tanto giovane”).

 

La distribuzione geografica

La provenienza geografica dei protagonisti è abbastanza rappresentativa di tutte le regioni italiane, con delle differenze marcate rispetto all’epidemiologia: infatti sono state raccolte molte più storie in Lombardia e Lazio, mentre il Sud rimane poco rappresentato.
Questa differenza è sintomatica di una variegata percezione dell’obesità come un problema.
Un luogo comune che però ha evidentemente un fondo di verità è il fatto che al Sud la percezione è quella di “grasso è sano”, o meglio, non c’è una percezione di “grasso”, ma di “florido”, indice di salute e ricchezza (quando poi, paradossalmente, l’obesità è spesso correlata ad una situazione economica medio-bassa e ad una dieta sbagliata, fatta acquistando cibi a poco prezzo pieni di zuccheri…).
Al Nord, al contrario, l’obeso viene in un qualche modo indicato con disprezzo, a volte perfino con disgusto, considerato quasi alla stregua di un tossicodipendente, una persona che non è in grado di limitarsi, senza forza di volontà.

 

Altra differenza importante, alla base della diversa percezione dell’obesità,
è nella fonte di aggregazione delle compagnie di amici:
nel Sud il fattore collante è il cibo, mentre il Nord è “da bere”.

 

 

"Poter vivere una vita normale... non una vita a metà"

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