Perché si diventa obesi

“Ma perché si diventa obesi? Sicuramente è una domanda balzata nella testa di tantissimi di noi, ma anche di altrettanti normopeso. Difficile dare una risposta corretta.”

Marina Biglia, Presidente in carica dell’Associazione Insieme Amici Obesi No Profit

 

ietro al fenomeno obesità ci sono storie terribili, storie di paure, di solitudine, di bugie, vissute dai protagonisti come se fossero animali rabbiosi che non capiscono perché un simile destino sia toccato proprio a loro.
Erica, un’amica dimagrita di 40 chili dopo un intervento di bendaggio gastrico, ci dà la sua spiegazione:
«Sono diventata obesa perché ho saziato il mio bisogno d’amore con il cibo. Il mio bisogno d’attenzioni, la mia necessità di essere figlia amata, compagna amata, sorella amata. Più grande è il vuoto dentro di me, e più sento fame. Una voragine che riesco a saziare solo con il cibo. Nei periodi sereni e positivi della mia vita, io dimagrisco. Nei periodi pessimi, ingrasso. Fisiologicamente, ingrasso perché mangio. Ma mangio perché ho fame d’amore.
Non so se esserne consapevole mi possa aiutare, perché io questa “fame” la sento tutt’ora. Adesso però c’è il bendaggio a placarla…»
E un’altra amica, Juss, si interroga ancora sul perché: «Ci penso spesso a questo quesito. Perché sono diventata obesa? E perché continuo ad essere obesa, nonostante le molte opzioni terapeutiche tentate? Credo che ognuno di noi abbia una sua personalissima risposta.
Tempo fa provai a fare psicoterapia, ma non sono riuscita ad andare oltre qualche seduta. Nemmeno con la psicoterapeuta riuscivo ad aprirmi, a mostrarmi senza timore di essere giudicata. Ultimamente mi sono resa conto che il sentimento della vergogna ha accompagnato tutta la mia vita. Badate bene, non ho ucciso nessuno, né rubato… ma ci sono cose che non mi piacciono di me, che ho voluto tenere nascoste al prossimo: i miei fallimenti, la difficoltà a portare a compimento qualunque cosa… Il che mi fa sentire diversa… una nullità.
Sapete quale è stata la prima cosa che ho tenuto nascosta “al mondo” vergognandomi e soffrendone tantissimo? Un menarca precoce; ero alla scuola elementare e le mie gambine cominciarono a riempirsi di peli. L’ora di educazione fisica è stata un incubo per me durante tutte le medie per paura di mostrare le mie gambe ed è stato un sollievo a 14 anni appena compiuti fare la mia prima ceretta a caldo, per quanto dolorosa. Da lì è stato un crescendo di situazioni da cui credevo di non potere uscire, ma
che cercavo di nascondere perfino ai miei genitori: l’università non finita, la difficile ricerca della maternità. Sono arrivata a chiudermi in me stessa, a trasferirmi per cambiare giro di amicizie, a sparire, a rinchiudermi pur di non affrontare i miei problemi e non mostrarli alla gente. Perché ogni giorno che passa mi piaccio di meno (come potrei piacere agli altri, se sapessero cosa ho dentro??!!) e ogni giorno che passa mi trincero dietro la ciccia.
Non so se il verbo trincerare esista o se si declini così, ma non ho voglia di controllare o cercare un sinonimo. Ci ho messo 35 anni per trovare questa cosa nel mio cervello ed ammetterla a me stessa, scrivendola nero su bianco. Non so se mi è servito. So che devo farmi vedere da uno bravo…»
E fra le righe di tutti affiora sempre il medesimo motivo conduttore: “È solo colpa mia…” Non riusciamo noi per primi ad accettare di essere malati, e ammettere che il nostro sovrappeso non sia una colpa individuale, ma un complesso di problematiche genetiche, psichiche e legate, strettamente legate, all’ambiente da cui proveniamo.

Ma quanta strada dobbiamo fare per arrivare all’accettazione? Un percorso difficile, costellato da costanti bugie. Da bugie continue, su ogni cosa che riguarda il mondo del magico cibo. Quale migliore esempio concreto delle parole, scritte da Paola, un’amica di forum: «Sono la regina di ‘Bugiardiland’: io, rispetto agli altri, devo strafare. Mento alla psicologa, alla dietologa, a mia madre, persino ai colleghi falsamente interessati. Ma mentire a me stessa è quello che, forse, ultimamente, mi riesce meglio. Mentre sono qui, che mi abbevero di sagge parole del forum e scruto pezzetti di vita altrui, cercando ispirazione per resistere, la voglia pazza di uscire e ‘scofanarmi’ tutto ciò che si muove o meno in campo alimentare, è enorme. Precisiamo: non ho, di certo, voglia di ‘farmi’ di qualche kg di frutta o verdura! No, assolutamente. Voglio spazzolare via, in quantità industriale, i cibi peggiori, quelli dei fast food e dei kebab.
Voglio passare dalle patatine fritte e untuose alle paste crema e panna… mescolando tutto… È un vero e proprio attacco di bulimia il mio. Fremo dalla voglia di mangiare e non posso neppure dirmi in crisi di stanchezza da dieta o costrizione: sarà ormai un mesetto che pastrocchio e non controllo più niente, tranne che qualcuno si accorga che contrabbando cibo in camera, al lavoro, persino in bagno…
Schifo me ne faccio abbastanza, ma non quanto sarebbe necessario per smettere: vi pare logico che oggi, prima dell’incontro con la psicologa, abbia pranzato con 5 paste e una pizza, dopo aver fatto una tripla colazione al mattino (sì, tre colazioni distinte nel giro di mezz’ora) e aver ingurgitato almeno 4 bei tocchi di focaccia all’intervallo delle 10.30? Poi, serafica, di fronte a lei, con ancora la scia di unto addosso e la serotonina ringalluzzita, le ho detto che tutto va bene e che, no, non faccio più abbuffate…
sono solo un po’ meno attenta, ma esclusivamente per problemi lavorativi, tranquilla, mi rimetto subito in carreggiata…
Mento e, come se non bastasse, un attacco prolungato di fame nervosa è un segnale d’allarme: sto chiedendo aiuto nel mio contorto modo… ingrassare è, per l’appunto, il mio modo assurdo di farmi vedere… Non posso garantire a nessuno, neppure a me stessa, di riuscire a resistere al cibo.
Forse ho sbagliato posto per il mio lancio di messaggio in bottiglia, ma, nel forum, non ho trovato uno spazio dedicato alle confessioni: scusate se magari ho scritto dove non dovevo, ma a qualcuno dovevo pur raccontare la verità, almeno per capire se ero in grado di sentirla pure io…»

Paola, grande obesa, negli ultimi anni ha imboccato mille sentieri, dalle prigioni delle case di cura, alle terapie sperimentali più aggiornate. Ad oggi, ha cancellato dalla sua vita 60 chili. Ma è partita mentendo al mondo, come hanno fatto e fanno la maggior parte degli obesi. Menzogne su menzogne. Bugie penose, a cui nessuno può credere, per evitare di dire la sola agghiacciante verità: ci mangiamo il mondo.
Nel forum si trova la forza di ammettere che si mangia troppo, ci si muove pochissimo e, così facendo, si coltiva, con molta attenzione, il proprio grasso. Come si potrebbe confessarlo al di fuori di questo ambiente protetto? Come si può confessare al dietologo, con lo schema alimentare prestampato, che si è dei malati affetti da alimentazione compulsiva, senza essere considerati degli inetti, privi di forza di volontà? In realtà, gli obesi hanno una forza di volontà immensa, ma tutta e totalmente tesa a farsi del male spropositato.
Chi è grasso non suscita pena al mondo, come nel caso di altri malati affetti da disturbi del comportamento alimentare. Chi è grasso, al mondo, fa semplicemente schifo: ingordi, golosi, opulenti… basterebbe cucirsi la bocca per dimagrire.

Ci si dichiara falliti, ci si sente chiusi in un circolo vizioso senza fine. Si mangia, si soffre per aver mangiato troppo e poi si ricomincia a mangiare per cancellare l’angoscia della nostra incapacità di vivere.
O scatta la rabbia, ma solo verso noi stessi. Quella rabbia che ci fa dire: “Tanto… ormai…” e a quel punto davvero, ci si mangia il mondo.
Ed è qui che appare la potenza del gruppo, la forza dell’auto aiuto, e il pensiero che forse davvero siamo solo malati, non colpevoli.

Ed emerge ancora una grande verità, che non ci deve abbandonare nel corso della vita: di essere obesi non si smette mai. Fortunatamente.
Ed è questo che ci salva. La certezza di non essere mai arrivati al risultato; ed è solo questo che ci impedisce di arrenderci o di ricrollare nella malattia. Saper di non poterla vincere, ma poterci convivere. Non sfidarla, ma accettarla.

 

Marina Biglia
Presidente in carica dell’Associazione Insieme Amici Obesi No Profit

"Poter vivere una vita normale... non una vita a metà"

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