Mi chiamo Monica. Vi racconto la mia storia, da quando è cominciata.
Sono sempre stata abbastanza “in carne”
Non sono mai stata né una bambina né una ragazzina minuta tant’è vero che in seconda elementare avevo deciso che volevo fare danza classica e poi ho dovuto abbandonare l’idea perché stare sulle punte non essendo proprio esilissima e poi molto alta era proprio impossibile.
Ho passato tutta la mia vita a condividere questo corpo piuttosto impegnativo ma che tutto sommato mi è sempre piaciuto. Forse perché ho sempre avuto una faccia che mi piaceva e questo mi ha aiutato ad apprezzare / valutare in modo positivo anche la mia fisicità un po’ importante.
Fisicamente sono cresciuta molto in fretta perché a dieci anni – come accennato – ero già alta come adesso e quindi già dalle elementari di statura molto diversa dalle altre bambine. Se guardaste la classica foto di classe di allora, io sembro la maestra, un po’ a causa degli occhiali che porto sin dall’allora e un po’ perché i mie compagni erano tutti piccoli e mingherlini; io mi distinguevo, facevo abbastanza “specie”.
Dalle medie in poi ho cominciato a essere presa un po’ in giro dagli amici, dai compagni, comunque dai maschi per la mia fisicità. Alle superiori ho vissuto la cattiveria delle compagne – oggi si direbbe che sono stata bullizzata – e questo devo dire che mi ha sempre dato abbastanza fastidio, non tanto l’essere presa in giro perché me ne sono sempre abbastanza fregata; ritenevo già da allora di essere una brava persona, e questo mi ha sempre spinto a pensare: “sono una persona amichevole, se vi piaccio sono così, con i miei chili di troppo, se non vi piaccio, mi troverò altri amici.”
Però alle superiori ho patito un po’ la presa in giro non tanto per il peso, che era marginale, ma per una disfunzione ormonale e tutte le conseguenze che ne sono derivate in termini di peluria e quant’altro, che ovviamente a 16-17 anni sono un vero problema. E su questo devo dire che ne ho sofferto abbastanza anche se la forza del sapere di essere una brava persona mi ha fatto superare anche questo momento, tra i più difficili della mia vita.
Da qui in poi ho imparato a convivere con il mio corpo, conquistando il mio pezzetto di cielo
Ho cominciato a fare diete per uniformarmi un po’ a quello che era il canone imperante. Ho sempre avuto tanto seno e quindi questo seno da gestire e da nascondere. Poi, in realtà, ho capito che era un valore aggiunto rispetto alle altre perché avevo un sacco di amiche che di seno non ne avevano e che addirittura me lo invidiavano. Poi crescendo, qualche ragazzo cominciava a guardarmi e anche questo ha contribuito ad aumentare la mia autostima. Poi sono riuscita a laurearmi e questo è stato un altro sprone e un altro bel passaggio in cui mi sono resa conto che in effetti avevo fatto fatica – a laurearmi intendo – che però era un traguardo che forse nemmeno io mi sarei mai aspettata di riuscire a raggiungere. Ero soddisfatta delle mie conquiste e questo ha fatto sì che acquisissi maggiore fiducia in me stessa e questa cosa mi ha aiutato, mi ha aiutato tanto a superare anche quelli che potevano essere problemi fisici, anche se in realtà non ho mai vissuto come un problema fisico il fatto di essere sovrappeso.
Oltre alla laurea mi ha molto aiutato anche il fatto di aver messo su la mia casa e creato la mia famiglia. Vengo da una famiglia normalissima ma con due genitori divorziati da quando avevo dodici anni, quindi ho sempre avuto questo desiderio di volermi creare una mia famiglia, non per forza migliore di quella dalla quale venivo perché i miei genitori sono comunque delle bravissime persone. Si, è vero, ho patito un po’ come tutte le persone a cui capita, la separazione dei miei genitori ma più che altro perché sono stata presa da una casa e spostata di colpo in un’altra casa per giunta in un’altra città; va considerato che alla fine degli anni ’70 non è com’è oggi che abbiamo ogni tipo di comunicazione; già da Milano ad andare fino a Monza era comunque un viaggio, allora c’era ancora la teleselezione (parola che oggi suona davvero arcaica!). Costava parecchio e quindi non potevo telefonare alle mie amiche, mi sentivo un po’ sradicata dal mio ambiente. Ci si scriveva ancora per lettera. Era un modo poco costoso per poter comunicare e ho ancora in soffitta un pacco di corrispondenza con i miei amici di quegli anni, intorno ai 12-13-14 anni.
Quindi l’idea – tornando agli anni ’90 – di essermi creata la mia casa, piccola, con colui che poi è diventato mio marito e il padre dei miei figli ancor prima di finire l’università è una di quelle cose che mi ha fortificato tanto: avevo ventitré anni, avevo la mia casa, facevo dei lavoretti per poter contribuire all’economia domestica, e ricordo anche quello come un momento di acquisizione di sempre maggiore forza.
Volere è potere: la mia teoria della positività
Un’altra cosa che sicuramente mi ha dato positività anzi più che positività mi ha fatto pensare sempre di più che nella mia vita, nella vita delle persone volere è potere nel senso che se tu vuoi davvero una cosa in qualche modo la puoi ottenere e che ci devi lavorare tanto per ottenerla … un esempio concreto per me è stato poter avere i miei figli dopo vari problemi ormonali di cui avevo sofferto da adolescente a causa del mio peso.
A 14 anni, un “simpatico” endocrinologo mi aveva detto “ah lei, figli, sarà difficile!!”
Più avanti nella vita, ho avuto in realtà la fortuna di incontrare un medico, un ginecologo che mi ha sempre dato speranza ma non tanto perché potesse dipendere da me ma nel senso di positività, di aiutarmi a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno: “ vedrai che non ci saranno problemi” e infatti sono nati i miei due figli e senza fare particolari cure o avere particolari problemi a causa del mio eccesso di peso.
Certo non ho potuto e non avrei mai potuto diciamo “governare” questa cosa perché la natura è la natura e se non mi avesse permesso di fare dei figli avrei dovuto fare altro ma sono convinta del fatto che la nostra mente, il nostro cervello è molto potente; se noi siamo positivi, in generale, anche nei confronti del nostro corpo, cose brutte non necessariamente devono capitarci, possiamo risolvere cose anche non tanto piacevoli. Chiamiamola, se vogliamo, la mia teoria della positività. Sono sempre stata convinta di questo, sbagliando probabilmente: se ognuno di noi pensa positivo, non dico che le cose brutte non ti capitino perché sarei un’illusa, un’ingenua a pensarlo però sono convinta che noi siamo artefici nel 90% del nostro destino e quindi quello che facciamo – se lo facciamo bene – e se siamo positivi possiamo avere dei buoni risultati.
La gestione del mio corpo e del mio peso
E questo “pensiero positivo” si innesta inevitabilmente in quella che è la gestione del mio corpo nel senso che l’ho sempre accettato il mio corpo senza particolari frustrazioni, forse perché non sono neanche mai arrivata ad avere un peso così eccessivo da non permettermi di vivere una vita normale.. e non esserci arrivata è stato comunque anche merito mio perché comunque ho fatto in modo di fermarmi sempre per tempo. In certi momenti della mia vita, ho deciso in di mettermi a dieta e di voler dimagrire, perché se vuoi avere dei figli non si può pensare di arrivare ad una gravidanza con un peso troppo elevato e quindi ho cercato di dimagrire, aumentando durante la gravidanza ma senza esagerare proprio per non appesantirmi troppo e avere dopo tanti chili da smaltire.
Poi sono arrivata, quattro anni fa al mio peso massimo, dove mi sono accorta di fare un po’ fatica a muovermi e – soprattutto – facendo degli esami di controllo – mi sono accorta di avere la glicemia alta. Allora qui c’era di mezzo la salute, con quella non si scherza, non volevo avere niente a che fare con il diabete; il mio amato corpo mi stava dando qualche segnalino, dicendo: “Occhio, Monica, che forse sei arrivata al limite”.
E quindi da sola ho cominciano a mettermi un po’ in riga, diciamo così, a mangiare meglio, e così sono dimagrita dodici chili, poi ne ho ri-presi due poi li ho ripersi … chi è a dieta da tutta la vita lo sa, non è facile. Chi è sovrappeso ama mangiare, è inutile nasconderselo, e questa è una delle cose che mi è sempre pesato, l’idea di rimanere a dieta tutta la vita, tuttavia essere dimagrita i miei dodici chili anche se come mi vedete non sono assolutamente nel mio peso forma però mi ha permesso di muovermi meglio, di portare avanti la mia attività qui al Bed & Breakfast che gestisco, con un po’ più di facilità, senza avere il fiatone, andare, camminare, riprender in mano la bici e andare a fare delle commissioni in giro per la città perché comunque mi piace ed è un modo per fare del movimento; soprattutto mi aiuta a mantenere il peso raggiunto e che vorrei ulteriormente abbassare. Non mi interessa arrivare a cinquanta chili, forse neanche a 10 anni pesavo cinquanta chili ma non credo.
Non ho mai pensato di farmi aiutare
Forse più per paura che non perché non ritengo che sia una cosa valida – non ho mai pensato a un intervento di chirurgia bariatrica. Penso che siano tutte opzioni utili per chi ha un peso davvero molto elevato che mette a rischio la salute se non addirittura la propria vita e ha bisogno di dimagrire in modo molto veloce.
Però non ho mai pensato che io possa davvero essere in grado di affrontare un percorso del genere ma non perché abbia paura dell’operazione in sé ma proprio perché vorrei affrontare questa cosa da sola in tutto e per tutto, con le sole mie forze, senza interventi esterni. È una sorta di sfida con me stessa. So che a molti potrà sembrare assurdo, illogico ma ho sempre pensato che come sono riuscita a fare tante cose: laurearmi, sposarmi, mettere su una casa, fare dei figli, questa è un’altra delle cose che sono convinta di voler/poter fare da sola… non che farsi operare non sia una cosa che tu non fai da solo perché anche in quel caso il tuo impegno se vuoi dei risultati deve essere massimo ma sento di doverlo fare da sola, per essere pienamente soddisfatta di me. Già ho fatto abbastanza e ne sono contenta ma voglio ancora migliorare, perdere ancora qualche chilo per stare ancora meglio, poter gestire meglio anche la mia salute futura. Fare un investimento per gli anni a venire.
Quello che ho fatto sostanzialmente in questi anni è cercare di capire i miei perché
Perché mangio … lo so, l’ho capito tanto tempo fa, è il mio antidepressivo – tutti noi abbiamo i nostri problemi, io li chiamo i nostri rosteghi, le nostre difficoltà, c’è chi si chiude in se stesso, a qualcuno si chiude lo stomaco e non mangia più; ognuno affronta le difficoltà della vita in modo diverso. Purtroppo, io ho trovato questo meccanismo perverso di mangiare quel qualcosa in più per saziare il mio malessere. D’altro canto, essere sorridente, positiva, disponibile nei confronti degli altri non è sempre facile. Il mio modo – sbagliato – per affrontare questi momenti è sempre stato quello di aprire il frigo e magari mangiare l’avanzo di pasta … questo è quello che sto cercando di non fare, per stare meglio con me stessa.
Disponibile nei confronti degli altri lo sono sempre stata in tutta la mia vita, e mi piace esserlo.“Sei sempre una persona così solare” mi dicono spesso; si sono solare ma non è che il fatto di essere così mi preservi dal non avere anch’io le mie rogne, le mie malinconie o i miei problemi e quindi sto anche cercando di imparare a restituire un po’ al mittente quello che non devo per forza sopportare io perché magari non sono problemi miei e non è giusto che io me ne faccia sempre carico o per lo meno in modo scontato … così da vivere meglio e non mangiare il biscotto di troppo, il pezzo di pane, la patatina che poi ovviamente fa del male soltanto a me e alla mia salute.
Un po’ di sano egoismo aiuta a vivere meglio
Questo è un po’ quello che vorrei continuare a fare. Che sto cercando, sforzandomi di fare ormai da anni, è un lavoro lungo che una fa su se stessa, non è sempre semplice, perché chi è intorno a te si aspetta che tu sia disponibile in ogni momento, lo dà quasi per scontato e quindi quando non ci sei, ha il coraggio di dirti: “ma come, eri sempre così solare, così contenta, così disponibile….e adesso che cosa è successo?” Non è che non lo sono più, lo sono in modo diverso perché ho dovuto e devo imparare a essere disponibile prima di tutto per me e poi anche per gli altri.
La solarità e l’essere sempre disponibile è una cosa bella a cui io non voglio rinunciare, anzi, assolutamente, questo è il mio modus operandi e lo sarà sempre. Quello che io sto cercando di fare ma facendo veramente molta fatica è fare un esercizio di sano egoismo … ricordo che una psicologa con cui ho fatto un pó di psicoterapia più di 25 anni fa, mi diceva: ”questo tuo modo di volerti sempre occupare degli altri, e di tutti, di arrivare sempre a tutti, impone a te stessa di avere una forza fisica tale che ti permetta di farlo e quindi tu la forza fisica la trasferisci anche nell’avere un fisico di una certa imponenza perché se tu avessi 40 chili non avresti la forza fisica per poter aiutare tutti quelli che tu ti sei messa in testa di aiutare”. Allora fu illuminante.
Se vuoi volare, devi rinunciare a ciò che ti appesantisce
Questa è quindi la mia modalità per trasferire questa voglia insita in me di aiutare le persone e quindi avere una certa possanza fisica. Mi piace essere così, mi piace essere disponibile, però l’istinto di sopravvivenza ti fa arrivare a un certo punto in cui devi anche pensare a te stessa e quindi ritorno al discorso di prima del sano egoismo in cui devi imparare a pensare un po’ di più a volerti bene. Se vuoi bene a te stessa di sicuro vuoi bene anche agli altri; se fai delle cose per te stessa sicuramente stai meglio e quindi poi stai bene anche con gli altri e fai stare bene anche gli altri intorno a te. Ho sempre voluto essere disponibile nei confronti degli altri prima che di me stessa. Va bene, ho avuto grandi amicizie e anche grandi delusioni. Però è giusto con la maturità arrivare a capire quando preoccuparsi di noi stessi perché poi se noi non stiamo bene facciamo fatica anche a fare stare bene gli altri e a stare con gli altri.
Questo è un po’ l’esercizio che sto facendo adesso e che mi aiuta ad aprire meno il frigo, aprire meno lo sportello dove ci sono dentro i biscotti, perché comunque capisco che lo faccio per te. E capisco che gli altri – e intendo quelli che mi stanno vicini, è giusto che si appoggino, gliel’hai sempre permesso però è anche giusto che se c’è un momento in cui tu hai bisogno di aiuto, devi poterlo chiedere e gli altri devono darti l’aiuto che stai chiedendo. Devono avere la sensibilità di farlo. Perché i rapporti devono essere sempre di scambio, sono come ponti, con due sponde. Non possono essere unilaterali.
Devo imparare a gestire ancora meglio le mie emozioni
Quando tu, per tutta la vita hai chiesto poco, fai fatica a chiedere per prima cosa ma soprattutto a ottenere in cambio e lo sto sperimentando con non poca amarezza. Magari riesci a spiegare di cosa avresti bisogno e non sempre chi è abituato a starti vicino capisce che tu hai veramente bisogno e che è arrivato il momento in cui qualcuno faccia qualcosa per te. Questo è ancora un aspetto su cui ho molto da lavorare. Forse l’età mi ha portato a rendermi conto di alcuni meccanismi e di alcune cose che – ribadisco – possono essere utili a me per poter capire, sviluppare, e portare avanti il mio percorso personale di tentativo di gestire meglio le mie emozioni e quindi il mio rapporto con il cibo che come dicevo prima è il mio antidepressivo… d’altro canto sperimento anche un po’ di malinconia perché mi rendo conto che magari vorrei da quelli che mi stanno accanto qualcosa di diverso, di più del solito; un di più che non sono abituarti a darmi. E non se ne rendono neppure conto. E quindi non sempre ottieni quello che vorresti e allora lì ci inerpichiamo in discorsi di rapporti interpersonali un po’ più difficili. E mi sembra di avere parlato già tanto!
Grazie di avermi letto fino qui.
Monica